La Chiesa aprirà le sue porte anche a divorziati e gay: un grande momento di svolta per chi, a causa delle sue scelte di vita, non ha potuto professare come voluto la propria religione.
Il Sinodo sulla famiglia fissato da Papa Francesco dal 4 al 25 ottobre prossimo incombe: per l’occasione i vescovi hanno cosi elaborato un “Instrumentum Laborsis” ottenuto attraverso le risposte dei fedeli di tutto il mondo al secondo questionario voluto dal pontefice.
In base a quanto si legge nel documento, La Chiesa deve «prendersi cura delle famiglie “ferite”, dei separati, divorziati e risposati e far sperimentare loro l’infinita misericordia di Dio». Deve essere soprattutto vicina a chi ha dovuto separarsi per motivi violenti e sostenere chi è stato vittima di tradimento.
Ecco come la Chiesa si prepara al Sinodo:
– Divorziati. Senza dimenticare o mettere da parte l’ideale della monogamia assoluta, e quindi il fatto che il matrimonio debba essere unico, la Chiesa vuole prendersi cura anche dei «divorziati risposati civilmente che si trovano in condizione di convivenza irreversibile». Nell’intenzione c’è la possibilità che i divorziati possano fare da padrini e madrine anche per i battesimi e le cresime, oppure essere testimoni di nozze, e soprattutto di poter prendere nuovamente parte all’Eucaristia. In sostanza l’idea è quella di «un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari, ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste», come per esempio alla loro Prima Comunione.
– Omosessuali. «Ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione». Questo è quanto si legge nel documento, che tuttavia pone delle barriere in materia di matrimonio: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». E in merito i figli la Chiesa sottolinea che non sono «un prolungamento dei propri desideri».
– Coppie di fatto. I vescovi si sono espressi anche su questo punto con la seguente riflessione: «La scelta del matrimonio civile o, in diversi casi, della convivenza, molto spesso non è motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell’unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti». La Chiesa quindi non è contro chi ha già espresso il desiderio di intraprendere un cammino di coppia duraturo ma anzi propone loro «un cammino di crescita aperto alla possibilità del matrimonio sacramentale».
La Chiesa inizia cosi a muovere piccoli passi e a mutare il suo approccio nei confronti di determinate situazioni dimostrandosi più aperta rispetto al passato.
Cosa ne pensa l’opinione pubblica in merito questi possibili cambiamenti? Lovepedia ha voluto chiederlo ai suoi utenti i quali si sono cosi espressi: il 58,4% si è detto d’accordo con quanto scritto dai vescovi all’interno del “Instrumentum Laborsis”, il 22,6% invece si proclama indifferente, mentre il 19% non è d’accordo.
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E voi cosa ne pensate?