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“Le coppie gay sono più esposte a malattie e suicidi”: è polemica

Sta suscitano un gran polverone l’intervento di padre Giorgio Carbone al Meeting di Cl a Rimini in merito la citazione di uno studio danese sulle coppie gay

“Le coppie omosessuali sono più esposte a malattie e a suicidi di quelle eterosessuali”: sono queste le parole che padre Giorgio Carbone, dell’ordine dei Dominicani ha pronunciato durante un suo intervento nel corso del Meeting di Cl a Rimini.

Parole di un certo spessore che non sono passate di certo inosservate e che in queste ore stanno sollevando un gran polverone e dibattito in rete.

Durante il suo intervento padre Carbone, dinanzi ad una platea gremita, ha infatti citato uno studio danese condotto sulle coppie omosessuali di qualche anno fa. In base a quanto riportato da questa ricerca citata dal prete: “le coppie eterosessuali sono esposte a minori rischi cardiovascolari, respiratori, suicidio, tentato suicidio e Aids, infinitamente minori delle coppie dello stesso sesso conviventi o sposate nel Regno di Danimarca. Questo è un dato di realtà: bisogna conoscere questi dati che abitualmente sono taciuti” ha concluso padre Carbone.

A rincarare la dose le affermazioni del dottor Renzo Puccetti, intervenuto insieme al prete durante il dibattito: “Quelli tra omosessuali non sono veri matrimoni perché manca la relazione sessuale a fini riproduttivi: equivale a mettere un dito in un orecchio”.

Le dichiarazioni di padre Carbone e del dottor Puccetti hanno ovviamente destato soprattutto la reazione delle associazioni per i diritti degli omosessuali.

Lo studio in questione, condotto dal Dipartimento di Epidemiologia della Ricerca, Statens Serum Institut, prendeva in esame persone danesi, per 4914 uomini e 3419 donne, che hanno sposato un partner dello stesso sesso tra il 1989 e il 2004.

Lo stesso ha dimostrato come il tasso di mortalità tra coppie formate da soli uomini per esempio, sia aumentato nel primo decennio, tra il 1989 e il 1995, ma come sia diminuito dopo il 1995 “quando efficienti terapie contro l’HIV/AIDS erano disponibili”.

Ciò dimostra quindi come “l’eccesso di mortalità è limitata ai primi anni dopo il matrimonio, presumibilmente riflettendo preesistente malattia al momento del matrimonio”.

Bisogna quindi contestualizzare questi dati al loro periodo storico di riferimento, quando ancora si parlava troppo poco di prevenzione sessuale e non vi erano cure contro l’HIV. Malattie del genere infatti hanno una maggiore incidenza su chi si espone a rapporti promiscui, ma questo indipendentemente dal proprio orientamento sessuale.

Quali sono le vostre impressioni?