Genitori e insegnanti, due facce della stessa medaglia, quella della cultura e della formazione della futura società civile.
Entrambe le categorie dovrebbero viaggiare in tandem al fine di plasmare individui responsabili, pensanti e pronti ad abitare in modo cooperativo questa nazione e il mondo intero. Da secoli l’arrivo dell’estate per i più giovani segna lo spartiacque tra il dovere e il piacere, ma spesso questo piacere viene messo in ombra dallo spettro dei compiti delle vacanze, si acquistano i libri e si cerca di ritagliare al riposo e al divertimento scampoli di attenzione e concentrazione.
Il signor P., padre di un ragazzino di circa 13 anni, ha deciso di “disubbidire” alle regole scolastiche e di lasciare che il suo bambino non facesse i compiti delle vacanze ma vivesse e sperimentasse la vita. La giustificazione che è stata fornita dal genitore, in accordo con la moglie, alcuni psicologi, docenti e avvocati fa anche riferimento a ciò che lui e il suo bambino hanno fatto durante l’estate invece di fare i compiti, lunghe passeggiate in bicicletta, la costruzione insieme di una nuova scrivania dove poter studiare durante il nuovo anno e poi hanno anche avuto modo di approfondire gli interessi del ragazzo e quindi del suo futuro.
Certo che il primo giorno di scuola suo figlio sarebbe arrivato fresco, riposato e soprattutto entusiasta di ricomnciare gli studi ha anche specificato che non ci sono professionisti al mondo che durante le ferie portano il lavoro a casa, il padre ha poi concluso con la frase “Voi avete nove mesi per insegnargli nozioni e cultura, io tre mesi per insegnargli a vivere”.
Siete d’accordo con il pensiero del signor P. ?