Il 40% delle donne che hanno perso il proprio coniuge sarebbero maggiormente soggette ad infarto e a rischio di morte nei primi sei mesi: ad evidenziarlo è uno studio della Rice University in Texas, che mette in evidenza come il dolore giochi un ruolo non secondario sulla nostra salute.
Quanto riscontrato dallo studio può tuttavia essere esteso anche ai vedovi: ciò darebbe una spiegazione a tutti quei casi di cronaca in cui diversi coniugi sono deceduti l’uno a breve distanza dall’altro. Per i ricercatori c’è una spiegazione biologica, così come illustra l’autore principale dello studio, Chris Fagundes della Rice’s School of Social Sciences: “Nei primi sei mesi dopo la perdita di un coniuge, le vedove (ma anche i vedovi) hanno aumentato il rischio di mortalità del 41 per cento. È importante sottolineare che il 53% di questo aumento del rischio è dovuto a malattie cardiovascolari”.
Per la ricerca è stata presa in esame la salute di ben 32 persone, per lo più donne, tutte che avevano perso un coniuge entro una media di 89 giorni dall’inizio dello studio. I ricercatori hanno nel contempo esaminato 33 persone sane della stessa età.
Gli esperti hanno analizzato i livelli di citochine pro-infiammatorie, ossia delle molecole che vengono rilasciate nel flusso sanguigno in risposta all’infezione e ad altri segni di infiammazione. È stata esaminata anche la frequenza cardiaca per verificare eventuali anomalie cardiovascolari.
I risultati hanno dimostrato come i livelli di citochine pro-infiammatorie erano superiori del 5 e del 7% nel gruppo dei vedovi rispetto agli altri. Altre differenze tangibili riguardavano anche la frequenza cardiaca, nettamente superiore, e i livelli di depressione, che erano più alti del 20%.
Occorre quindi prestare attenzione alla salute del proprio cuore, che può essere compromessa anche dalla perdita di una persona amata.