Si sa che, in fase di divorzio, quando le due parti non trovano un accordo si rischia di incappare in vere e proprie lotte giudiziarie tra moglie e marito.
Molto spesso, la stragrande maggioranza delle sentenze ha assegnato al marito l’onere di versare un assegno di mantenimento alla moglie e agli eventuali figli. Ci si poteva ben aspettare che, anche nel caso di matrimoni omosessuali, il rischio potesse essere lo stesso.
Le protagoniste del primo episodio di divorzio omosessuale non consensuale sono due donne che avevano deciso di coronare il loro sogno d’amore con rito civile nel 2016, pur convivendo stabilmente dal 2013. Seppur lo scioglimento delle unioni civili, in Italia, sia cosa piuttosto semplice (basta comunicare all’ufficiale di stato civile che la coppia non è più intenzionata a vivere insieme e, dopo tre mesi, il divorzio è praticamente automatico), le due donne hanno deciso di procedere per via giudiziaria.
La coppia omosessuale, di Pordenone, non è riuscita a trovare un accordo per separarsi consensualmente e si è quindi passati al divorzio giudiziale che ha dato origine ad una vera e propria sentenza storica: la coniuge economicamente più forte è tenuta a versare un assegno di trecentocinquanta euro mensili all’altra. La giustificazione è stata che la parte più debole aveva lasciato la sua città d’origine per trasferirsi a Pordenone, dove non aveva potuto trovare un lavoro tanto remunerativo quanto quello precedentemente svolto prima dell’unione con la sua compagna.