Il reato di violenza sessuale concerne lo spingersi dove l’altra parte non desidera, tuttavia molte persone non sanno che nonostante un iniziale consenso, l’abuso potrebbe scattare successivamente, in caso di ripensamento.
Una persona potrebbe infatti manifestare esplicitamente il volersi tirare indietro, oppure tacitamente: ciò accade, ad esempio, se la donna scoppia in pianto. Aver iniziato un atto non esime l’uomo dalle responsabilità successive.
Si tratta di un caso presentato alla Corte di Cassazione: si tratta di una donna è scoppiata a piangere dopo l’inizio del rapporto ed alla domanda su quale significato assumesse questo atteggiamento, i giudici hanno risposto che la prosecuzione del rapporto è violenza sessuale a tutti gli effetti. Se il pianto è in corso è un messaggio inequivocabile: si tratta di un obbligo per l’uomo di fermarsi, altrimenti incorrerà in una violenza sessuale punibile dai quattro ai dieci mesi di prigione.
Nessuna prestazione sessuale quindi, può essere pretesa anche quando si è sul punto di.
In passato ci fu un precedente in Cassazione, per il quale si sentenziò che si deve tener conto degli atteggiamenti costanti della persona.
Neppure una relazione stabile può creare alcun “diritto all’amplesso” o a pretendere una prestazione sessuale.
Persino nel diritto ai rapporti sessuali tra coniugi vi sono dei vincoli, poiché se uno dei partner si rifiuta, subentra l’obbligo dell’assistenza morale. Se uno dei due partner rifiuta costantemente il rapporto, l’altro ha il diritto di chiedere la separazione; l’imposizione fisica resta totalmente esclusa, poiché risponderebbe a violenza sessuale a tutti gli effetti.
La violazione del dovere coniugale porta a conseguenze civilistiche, la limitazione della libertà fisica può indurre invece a rivolti penali.
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