Tempi duri anche per i lavoratori e le lavoratrici del sesso. Le misure restrittive sul nuovo Coronavirus hanno portato molti disagi perfino a questa categoria che, negli ultimi anni, non sembrava minimamente scalfita dalla crisi.
Tralasciando chi ha messo da parte forti somme di denaro svolgendo l’attività in maniera indipendente, ultimamente non è raro trovare alle mense della “Caritas” tra le diverse tipologie di persone anche le prostitute.
Si tratta di italiani e stranieri che concordavano le prestazioni sul marciapiede o gestivano gli incontri tra le quattro mura di un appartamento e che ora sono costretti ad adeguarsi alla normativa di riferimento e al decreto legge emanato in occasione dell’emergenza Covis-19.
Secondo l’attuale ordinamento giuridico, infatti, la prostituzione non rientra fra le professioni legalmente riconosciute. Come per altri impieghi caratterizzati da flussi di denaro sommersi, le possibilità di ricevere sussidi e, in alcuni casi, assistenza medica si riducono al minimo.
Pertanto, il “Comitato Onlus per i diritti civili delle prostitute” sta portando avanti l’iniziativa “Nessuna da sola”, una raccolta fondi per aiutare i sex workers in difficoltà economiche. Con la speranza che la situazione porti ad un cambiamento della Legge Merlin.
In attesa che qualcosa cambi e che la situazione migliori, i sex worket trovano una valida alternativa nel mondo dei social, restando a casa per continuare a lavorare da dietro lo schermo e adeguando le loro abitudini all’emergenza, affidando la pratica sessuale alla tecnologia.
Un lavoro antico come questo non si arrende di fronte a nulla e insegna a non perdersi mai d’animo, o no?