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Addio al “punto G”, per gli esperti è un termine “fuorviante”

Perché è meglio chiamarla “zona G” invece di “punto G”? La risposta degli esperti!

Secondo i sessuologi, indicare l’area erogena femminile con il termine “punto G” è errato.

Sono diversi gli esperti di salute sessuale, tra questi Irwin Goldstein, caporedattore della rivista “Sexual Medicine Reviews” che sostengono questa teoria.

Nell’immaginario collettivo, il “punto G” è sempre stata considerata la zona erogena della donna posta sulla parete superiore della vagina.

Deve il suo nome a Ernst Gräfenberg, ginecologo tedesco, il quale per primo descrisse minuziosamente le modalità con cui nasceva un orgasmo. In realtà questa terminologia, ossia “punto G”, venne coniata dal dottor Frank Addiego il quale scrisse, assieme ad altri colleghi, alcuni testi circa il piacere femminile partendo dagli studi di Ernst Gräfenberg.

Secondo Goldstein, oggi il termine “punto G” deve essere superato a favore di un altro più corretto, ossia “Gräfenberg-Zone” oppure “G-Zone”. Gli esperti, infatti, sostengono che non esiste un unico punto di piacere bensì cinque tessuti separati, tutti con la caratteristica di essere erogeni, e quindi di far provare piacere.

Nello specifico, le zone erogene individuate dagli esperti sono la parete vaginale anteriore, l’uretra, il bulbo clitorideo, la crura clitoridea e le ghiandole periuretrali. Proprio per questo motivo, dunque, parlare di “punto G”, oltre che fuorviante è del tutto errato.