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Congedo mestruale: realtà o utopia?

L’aumento delle donne nel mondo del lavoro ha alimentato la ricerca e l’abrogazione di nuove leggi a tutela loro: ecco le novità

Sempre più donne sono impiegate nel mondo del lavoro e molte di loro occupano posti di rilievo e hanno delle responsabilità.

L’aumento della presenza femminile in campo professionale ha indotto le autorità competenti di molti Paesi ad aggiornare la normativa di riferimento e a rintracciare nuove leggi a tutela delle donne lavoratrici.

Tra le novità infatti c’è anche il congedo mestruale, una realtà che ha messo radici in svariati stati e che è riconosciuta e garantita da alcune aziende in Giappone già dal 1947.

Se in stati come America, Indonesia o Sud Corea questa idea ha attecchito ed è germogliata, in Italia però si stenta ancora a riconoscerne il valore per la salute femminile.

Nel 2016 è stata presentata una proposta di legge che garantisse il congedo mestruale alle lavoratrici italiane: si tratta di un permesso lavorativo di tre giorni al mese per tutte le lavoratrici che soffrono di dismenorrea.

Questa condizione è legata al ciclo mestruale ed interessa un numero non trascurabile di donne, che si aggira circa fra il 60 e il 90 per cento delle donne, che accusano dolori debilitanti che impediscono la normale performance lavorativa.

La proposta di legge al riguardo aveva l’obiettivo di fornire una regola che permettesse alle donne con dismenorrea certificata di assentarsi dal lavoro senza ripercussioni. Se approvata, infatti, la legge sul congedo mestruale garantirebbe ad una grossa fetta di popolazione femminile il diritto di assentarsi da lavoro con retribuzione e contribuzione al cento per cento.

Il suddetto permesso non sarebbe, inoltre, equiparabile al permesso per malattia, ma costituirebbe una conquista per le lavoratrici italiane che però non sembra, almeno per ora, vedrà la luce e resterà ancora un’utopia più che una possibilità.