Se, fino a qualche tempo fa, l’Italia era considerata indietro rispetto ad altri paesi nell’ambito dello smartworking, con la pandemia si è assistito ad una vera impennata del lavoro da remoto.
Secondo i dati, il Covid ha permesso un aumento del 48% di lavoratori in smart working, che da un lato hanno colto la possibilità di gestire il proprio lavoro da casa, ma che dall’altro sono incorsi in rischi che questa modalità di lavoro comporta.
Secondo Organizzazione Mondiale della Sanità e la Organizzazione Internazionale del Lavoro, lo smart working ha anche portato a disturbi della sfera emotiva dovuti all’isolamento, causando diffusi casi di depressione e difficoltà del sonno.
Non solo la sfera emozionale è stata colpita, ma anche quella legata al benessere fisico: sono infatti aumentati il consumo di alcool e sigarette, ed anche il tasso di sedentarietà. Lo stare molto seduti allo schermo di un PC influisce poi negativamente anche sull’apparato muscolo scheletrico e sulla vista.
Per gli esperti dunque il mondo dello smart working necessita di una disciplina apposita e dell’assunzione di un approccio più consapevole anche da parte dei lavoratori, al fine di evitare le possibili problematiche che può comportare.